Focus sul fenomeno immigrazione: facciamo chiarezza

Che l’immigrazione sia una questione aperta nel cuore dello scenario politico-economico europeo non è certo un mistero. A complicare ed esacerbare ulteriormente le cose, però, concorre una vasta campagna demagogica e populista che si diverte a giocare con slogan e frasi fatti, celando una realtà spesso del tutto distorta. Cerchiamo di fare chiarezza sul tema, sgomberando il campo da equivoci e false convinzioni.

Un immigrato che raggiunge in nostro Paese viene indirizzato verso uno dei 14 centri d’accoglienza presenti in Italia. Esistono 3 diverse tipologia di centri d’accoglienza: i Cpsa, i Cda e i Cara.

I Cpsa

I Cpsa sono l’acronimo di Centri di primo soccorso e accoglienza e sono strutture adibite a fornire la prima assistenza agli immigrati appena sbarcati su suolo italiano. All’interno dei Cpsa i profughi ricevono cure immediate, vengono schedati e possono richiedere protezione internazionale. In Italia esistono 4 Cpsa, 2 in Sicilia (Lampedusa e Pozzallo), 1 in Sardegna (Cagliari) e 1 in Puglia (Otranto (LE).

Cda, Cara e Cie

I Centri d’accoglienza (Cda) sono strutture che forniscono la prima assistenza durante il tempo necessario all’identificazione dell’immigrato. Tra di essi, quelli che richiedono asilo in Italia vengono trasferito nei Centri di accoglienza per richiedente asilo (Cara). In Italia esistono 13 tra Cda e Cara. I profughi che non inoltrano richiesta di protezione internazionale vengono trasferiti nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie). Nei Cie, gli stranieri sono posti al divieto di abbandonare la strutture e restano, mediamente, fra 1 e 2 mesi prima di essere espulsi. In Italia disponiamo di 5 Centri di identificazione e accoglienza distribuiti fra Sicilia (Trapani e Caltanissetta), Puglia (Bari), Lazio (Roma) e Piemonte (Torino).

La seconda accoglienza: lo Sprar

La seconda accoglienza è affidata in particolar modo alla rete Sprar, ovvero Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati. In questi casi, si tratta di strutture private. I fondi vengono gestiti tramite la partecipazione a un bando pubblico indetto dal Ministero degli Interni e organizzato territorialmente tramite le Prefetture, cui possono aderire Onlus, coperative sociali, fondazioni private e associazioni volontarie. Lo Stato stanzia un budget di 35 euro al giorno per ogni immigrato che viene accolto all’interno delle strutture. Ovviamente, i soldi stanziati non vengono consegnati ai profughi stessi bensì alle strutture risultanti vincitrici dell’appalto, cui spetta il compito di provvedere al sostentamento degli stranieri, fornendo cibo, alloggio, cure mediche e, nei centri più organizzati, anche istruzione. La maggior parte delle coperture finanziarie per l’accoglienza è elargito da risorse interne mentre l’UE ha stanziato 9,7 miliardi di euro per fare fronte all’emergenza immigrazione e finanziare le operazioni del progetto Triton, il piano di pattugliamento delle frontiere cui hanno aderito 29 Paesi.

Chi spende di più in immigrazione

L’Italia è una delle realtà nazionali maggiormente coinvolte nel fronteggiare la crisi-immigrazione. Si calcola che, nell’arco del 2016, il Belpaese stia spendendo lo 0,24% del proprio PIL in piani di accoglienza dei profughi. Un dato che ci pone al di sopra della media UE ma inferiore ad altri Stati come la Germania (0.34%) e, soprattutto, i Paesi scandinavi, con la Svezia in testa alla classifica (1% del PIL destinato).